23 maggio 2015

Godblesscomputers - Plush and safe

C'è chi ama nascondersi e chi preferisce dichiararsi. Lorenzo Nada a.k.a. Godblesscomputers appartiene senza ombra di dubbio alla seconda categoria. Ma attenzione, non stiamo parlando di trovate pubblicitarie, di trito e ritrito marketing musicale; parliamo piuttosto della necessità artistica di rivelare la genesi del proprio disco ed il vissuto personale che l'ha influenzato.
Coprodotto da La Tempesta International e Fresh Yo! il nuovo disco di Godblesscomputers arriva dopo una manciata di EP ed un lavoro sulla lunga distanza, Veleno,  uscito l'anno passato, vero e proprio racconto sonoro dedicato alla contaminazione tra uomo e natura.
Queste poche indicazioni bastano a fornirci le coordinate della musica di Lorenzo Nada: un'elettronica riflessiva dal contenuto concettuale e biografico, più da ascoltare che da ballare.

Plush and safe è un disco che si origina e trae linfa vitale dalla natura degli opposti. Come recita il comunicato stampa che ne ha accompagnato l'uscita "L’opera può essere letta così: la mancanza di stabilità e di sicurezza non danno la possibilità di fermarsi troppo a pensare e diventano prerequisito per creare. Plush and Safe rappresenta proprio il contrasto tra la ricerca della sicurezza e del controllo e la presa di coscienza dell’impossibilità della cosa".

È forse proprio per questo che risulta difficile trovare una matrice delle dodici tracce che compongono il disco. C'è il calore della musica nera – hip hop e soul – ma c'è anche il battito glaciale dell'elettronica più geometrica. Ci sono i suoni concreti, selezionati e ricomposti in partiture alle volte orchestrali e classicheggianti – come nella conclusiva Somewhere away from me –  ma c'è anche una struttura ritmica di matematico rigore a fare da asse portante.
Leap in the dark richiama alla mente il primo Nicolas Jaar, Clouds il trip hop elettronico di DJ Shadows, Discordia parte come un pezzo di Flying Lotus per poi sciogliersi in una coda di chitarre alla Dark Side.

Godblesscomputers disegna traiettorie sghembe che vanno dritte alla meta, quadri astratti dalle geometrie singhiozzanti eppure terribilmente armoniose. Il disco scivola via tutto d'un fiato, senza lasciarci il giusto tempo per prestare attenzione alla complessità degli incastri, ai loop stratificati, alla molteplicità dei suoni – siano essi concreti o di sintesi. Ma sarebbe un vero peccato: un secondo passaggio è d'obbligo. Disco da ascoltare e riascoltare con lo sguardo rivolto verso un orizzonte torbido, alla ricerca di risposte che probabilmente non esistono. Con la consolazione, forse, che il senso risiede tutto intero nelle domande.



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